Secondo le scarse notizie circa la sua
formazione fu allievo a Firenze di Starnina, che lo educò al gusto del gotico
internazionale, e garzone (1407) di Ghiberti per la ripulitura della seconda porta
del Battistero. Dal 1425 al 1430 soggiornò a Venezia(mosaico con S. Pietro per la facciata di S. Marco, perduto), fu poi a
Bologna (1431,Adorazione
del Bambino, San Martino) e, dal 1432,
nuovamente a Firenze, dove, attivo prevalentemente nel duomo, lavorò al
monumento equestre di Giovanni
Acuto, affrescato nella navata sinistra (1436),
ai clipei con i Quattro
profeti nell'orologio della parete d'ingresso (1441-43)
e ai cartoni (1443) per le vetrate della cupola (Annunciazione, perduta; Ascensione,
non eseguita; Resurrezione e Natività, in loco) che rielaborano in una personale
espressione la nuova prospettiva descrittiva e il vigoroso plasticismo di
Masaccio. Nel 1445 le fonti lo ricordano a Padova, dove dipinse in chiaroscuro alcune figure di Giganti (perdute) in casa Vitaliani e ancora, dal 1447,
a Firenze. Fra le opere documentate superstiti, oltre agli affreschi con le Storie degli Eremiti nel chiostro di S.
Miniato al Monte, sono i deteriorati affreschi (distaccati)
nel Chiostro Verde di S. Maria Novella a Firenze, e i tre episodi della Battaglia di San Romano (tavole divise tra Firenze, Uffizi; Parigi, Louvre; Londra, National Gallery) nei quali i toni luminosi dei
rossi e dei verdi sono accostati a campiture profonde di neri e di grigi come
in zone a intarsio definite da incisive linee volumetriche. La visione
prospettica che l'artista presenta in queste opere non è unitaria (poiché non
compose in unità le varie parti della scena) ma frammentaria, episodica, perché
ogni figura e ogni elemento hanno il loro speciale problema prospettico, non
subordinato all'insieme, che il pittore risolve caso per caso, quasi
compiaciuto di questo. Dal 1465 al 1469 eseguì a Urbino una
tavola di cui resta, nella Galleria nazionale delle Marche, la predella
raffigurante il Miracolo
dell'ostia. Tra le opere concordemente
attribuitegli: la Caccia
notturna (Oxford, Ashmolean Museum) e il S.
Giorgio e
il drago (Parigi, Musée Jacquemart-André; Londra, National
Gallery), caratterizzati da una trasfigurazione irreale e fiabesca del dato
naturale, e i ritratti (Dama, New York, Metropolitan Museum) modulati da linee sottili e
incisive. Né va dimenticata l'importanza che l'opera artistica di P. U. ha
anche dal punto di vista strettamente geometrico, per l'impulso da essa dato
allo sviluppo della prospettiva come metodo di rappresentazione. P. U. non ebbe
seguaci diretti, ma la sintesi prospettica della forma e del colore, a cui
talora egli giunse, preparò l'arte altissima di Piero della Francesca. La sua
figura ispirò a G. Pascoli un poemetto (1903), poi raccolto nei Poemi italici (1911).
Fu pittrice anche sua figlia Antonia (1456-1491), suora carmelitana, ma nessuna opera ci è pervenuta.
Altre opere della cerchia di P. U. sono raggruppate sotto il cosiddetto maestro
di Karlsruhe o
di Quarata (Adorazione
del Bambino a Karlsruhe, Adorazione dei Magi, già a S. Bartolomeo a Quarata, Firenze).
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